Dalla comparsa sul mercato della macchina a erogazione continua, i circuiti idraulici sono diventati due: uno dedicato ai gruppi erogatori di caffè, l’altro alla produzione di vapore e acqua calda. Il primo rinnova il proprio contenuto con grande frequenza, proporzionalmente ai caffè erogati. Nel secondo si ha il fenomeno inverso: l’acqua per te e tisane ha una richiesta molto limitata, mentre il grosso del consumo avviene sotto forma di vapore, con cui si realizza la crema di latte utile alla realizzazione di numerose specialità , prima tra tutte il cappuccino.
È interessante osservare che quando il vapore fuoriuscito dalla lancia si condensa, tornando allo stato liquido, è privo dei sali minerali, che sono rimasti nella caldaia e si sono aggiunti a quelli normalmente contenuti dall’acqua in entrata per il ripristino del livello normale.
Quest’ultima ha in genere un pH vicino al 7 e i suoi valori per legge possono variare da 6,5, leggermente acida, a 9,5, alcalina. Tuttavia il continuo uso del vapore per fare cappuccini porta facilmente il pH a valori molto alti, fino a 11-12, ben lontani da quelli delle cosiddette acque “leggere†oggi tanto ricercate, a causa dell’alto contenuto di sodio, la cui presenza eccessiva può dare problemi di salute ai soggetti più sensibili.
Da ciò si comprende l’importanza di una manutenzione di ricambio periodico di tutta l’acqua della caldaia servizi, da eseguire almeno 2-3 volte la settimana o, meglio ancora, ogni giorno. È una problematica nota sin dagli anni ’70, ma che è stata sottovalutata dai costruttori di macchine, soprattutto dei modelli di basso costo.
Perché il barista possa effettuare la manutenzione di cui ho parlato, deve possedere una macchina provvista di un ciclo di lavaggio della caldaia semiautomatico, che da sempre le nostre hanno. In mancanza di questa funzione, la difficoltà del ricambio dell’acqua in caldaia si può paragonare a quello dell’olio di un’automobile: meglio affidarsi a un meccanico, per non far danni (ma come si può pensare di chiedere l’intervento di uno specialista più volte la settimana o addirittura, tutti i giorni?). Infine, se ogni sera si rinnova il contenuto della caldaia servizi, l’acqua in uscita può essere utilizzata, ad esempio, per la pulizia del pavimento del locale.
Facendo con cura questa manutenzione il barista può essere certo di servire te e tisane al massimo della qualità in termini di gusto, ma soprattutto di somministrare bevande non danno problemi: l’organismo ringrazia per questa semplice, ma importante attenzione.
Via i residui sopra e sotto la macchina
Durante la giornata, attorno alla macchina per espresso e al grinder il vapore si unisce alla polvere di caffè facendola depositare sulle superfici, insieme a una certa quantità di pulviscolo presente nell’aria. A fine giornata sulla griglia scaldatazze si forma una patina di residui del grasso del caffè, che è importante asportare. Chi non esegue questa operazione e non fa la rotazione periodica delle tazze, potrà trovarne nelle “ultime file†di ingiallite a causa dei depositi di più giorni. Anche in questo caso è importante intervenire con una pulizia giornaliera, della griglia e della parte superiore della macchina, intervenendo con un apposito spray sgrassante: pena il servizio in tazze solo in apparenza pulite.
Andiamo poi a osservare cosa succede sotto la macchina, dove la sporcizia insieme al calore crea l’ambiente ideale alla formaz
ione di muffe e alla moltiplicazione di “ospiti†decisamente indesiderati, primi tra tutti le blatte. La legge statunitense impone l’installazione di macchine con piedini di almeno 120 mm; in Italia la misura standard è di 40 mm: poco, ma quanto basta per permettere a un’apposita spazzola o a un panno di ripulire la superficie. Anche queste ultime devono entrare nelle operazioni quotidiane di pulizia: il “tanto non si vedeâ€, o procura danni o costringe a interventi di disinfestazione che ben poco lustro danno al locale.
Non trascurare l’addolcitore
In conclusione, voglio soffermarmi nuovamente sull’importanza del trattamento dell’acqua potabile qualora la sua durezza sia superiore a 10°F. Per lo più si realizza con addolcitori in cui particolari resine a scambio ionico catturano gli ioni Calcio e Magnesio, cedendo ioni Sodio.
Quando arrivano però alla saturazione, non sono più in grado di ripulire l’acqua e, se non vengono rigenerate con sale da cucina, lasciano passare sali minerali che al riscaldamento dell’acqua cristallizzano. Il più dannoso è il calcio, che in breve crea calcificazioni, alterando il funzionamento della macchina fino a rendere impossibile l’erogazione di un buon caffè...e l’assistenza viene chiamata di corsa perché “la macchina funziona maleâ€! L’immagine riportata in questa pagina è un “souvenir†giunto di recente alla nostra officina: un gruppo ricolmo di calcare dal quale - guarda caso - il caffè scendeva, ma pallido come latte. Convengo con il fatto che tutti - torrefattori e costruttori - ci si debba impegnare maggiormente al fine di sensibilizzare il barista sull’importanza della cura di quella che dovrebbe essere la sua “fuoriserieâ€, considerato che ogni giorno gli assicura buona parte dell’incasso del locale. Ma anche l’operatore deve finalmente rendersi conto che la manutenzione e la pulizia delle apparecchiature sono parti essenziali della realizzazione di un buon espresso: una responsabilità personale e non più da delegare a terzi, segno di impegno e del desiderio di compiere quel salto di qualità da tutti auspicato, ma di cui si hanno solo pochi lodevoli esempi.
Non va poi trascurato l’aspetto economico: quando la macchina è eccessivamente incrostata, per lo più viene ritirata dal locale e sostituita con una provvisoria, smontata completamente e ripulita utilizzando appositi acidi decalcificanti. A chi spetta l’onere di questo intervento o - come nel nostro caso - di una manutenzione effettuata in loco, sostituendo le parti compromesse, senza ostacolare il lavoro dell’operatore? Difetti di fabbrica a parte, dovrebbe vigere la regola del “chi rompe (meglio: chi trascura) pagaâ€, e a fronte di conti salati, il barista avrebbe senz’altro qualche attenzione in più. Termino con una frase che spesso non trova riscontro in Italia “la qualità , la funzionalità e le performances di uno strumento di lavoro sono proporzionali al suo prezzo di acquisto (vale almeno nel 95% dei casi), non ai costi di gestione di cui necessita nell’arco della sua vita operativaâ€.
fonte: www.dallacorte.it